Un villaggio nella memoria: preservare i luoghi per preservare le comunità
Solo chi ha un villaggio nella memoria può avere una esperienza cosmopolita
Ernesto De Martino
L’esperienza “cosmopolita” nasce dalla realtà di “villaggio” o ad essa ci riconduce? Si tratta di un percorso di sola andata o piuttosto di andata e ritorno?
Villaggio e individuo
Nel villaggio l’individuo fa esperienza del luogo in cui vive come ecosistema, come qualcosa in cui l’esperienza individuale è intrecciata a quella collettiva e alla risposta che l’ambiente dà alle sollecitazioni umane. Si tratta, da un punto di vista geostorico, del rapporto che l’uomo instaura col paesaggio in cui vive e che è da lui plasmato, un rapporto dinamico e di costante interdipendenza. Ad un’azione dell’uomo corrisponde un feedback del territorio e via dicendo. La società, nel bene o nel male, trova nel paesaggio che essa stessa determina, un suo riflesso.
Conoscere il paesaggio e imparare a ri-conoscere la sua componente storica porta allo sviluppo della dimensione della cura. Se capisco che “quelle quattro pietre” sono un insediamento neolitico e attribuisco a questo fatto un valore culturale e comunitario, non cercherò di distruggerle per coltivare la terra, ma me ne prenderò cura e le valorizzerò. Avrò curiosità e cura del “mio” paesaggio, ma anche di quello degli altri perché in essi riconoscerò dei valori universali (Vedi siti Unesco).
In questo lo studio della storia e del territorio locale (il villaggio?) sono di grande aiuto. Ovviamente si tratta di uno studio non nozionistico ma pienamente laboratoriale e impastato con la vita delle persone.
In quest’ottica, per esempio, la dimensione della comunità locale si manifesta anche nella dimensione economica: la filiera corta e consapevole comporta vantaggi a 360 gradi per l’intera comunità (es. se nel panificio si usa olio locale, si favoriscono i produttori del territorio). Nello stesso tempo questo incide sulla qualità degli alimenti e sulla qualità della vita delle persone (di chi produce e di chi acquista).
Come scrive Eugenio Turri, geografo di formazione e sostenitore del tema della cura e delle responsabilità, studiare e scrivere del paesaggio, in momenti come questo, in cui l’uomo tende ad abusare del proprio potere sulla natura, vuol dire proporre un modo diverso di considerare la realtà soggetta a mutamento, e acquisire un mezzo per guardare – capire – trasformare il mondo[1].
Elena Musci
[1] Cfr. E. Turri, Antropologia del paesaggio, Marsilio Editori, Venezia 2008, pp. 16-17.
“Solo chi ha un villaggio nella memoria può avere una esperienza cosmopolita” sarà il seminario laboratoriale curato da Elena Musci nel corso del convegno Disegnatori di futuro. Educare al tempo che verrà (28 e 29 settembre 2018). Per saperne di più clicca qui.